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Attività estrattiva in Val Vigezzo

Scalpellini all'opera durante la costruzione del santuario di Re.

Scalpellini all’opera durante la costruzione del santuario di Re.

Nel Diciannovesimo secolo in Val Vigezzo l’attività estrattiva destava un certo interesse in virtù della varietà geologica del territorio. Guglielmo Jervis nel volume “I tesori sotterranei dell’Italia” (1873) redige un elenco dettagliato della ricchezza del sottosuolo vigezzino. In particolare si ricorda una cava di «caolino bianchissimo presso il villaggio di Crana nel sito detto Riale del Fernecchio».

Carlo Cavalli nel saggio “Cenni statistico-storici della Val Vigezzo” (1845) sottolinea la qualità di questo minerale: «il kaolino, essendo stato spedito a Parigi, fu trovato eccellente per fabbricare della porcellana finissima… stimiamo noi pure questo minerale convenientissimo alla formazione della porcellana; ed una fabbrica in Valle Vigezzo, dov’è abbondantissima la legna da fuoco, potrebbe provvedere lo stato di squisita porcellana con grande lucro di chi la intraprendesse».

Lo storico, cita anche una miniera di marmo bianco in Val Loana che  «non invidia il carrarese. Di fatto è di un bianco candido, di una grana fina e suscettibile di bella pulitura. Il pavimento della chiesa di Re, fu in parte formato con questo Marmo. Presentemente però il marmo si impiega per la fabbricazione della calce». Non è un caso che un piccolo bacino alpino della valle sia denominato “Laghetto del marmo”.

Il Jervis, dal canto suo, evidenzia ancora l’abbondanza di limonite, minerale del ferro, documentata a Dissimo come tracce di pirite aurifera presso Finero e a Malesco.

Vigezzite

Vigezzite

Ma è soprattutto il territorio del Comune di Craveggia, sulla sinistra idrografica del Melezzo, a essere ricchissimo di giacimenti minerali. Lo stesso studioso ricorda la calcopirite, la pirite aurifera, la pirite argentifera, la magnetite, la calcite, l’asbesto, la grafite.

Al berillo di Craveggia è dedicato un capitolo a cura di Giorgio Spezia, nel diciassettesimo volume degli “Atti della Reale Accademia delle scienze di Torino” (1881), una copia del quale è conservata addirittura nella “New York Botanical Garden Library”, riferendosi a un giacimento nel Vallone della Vasca dove il minerale «è inchiuso in alcuni dei massi detritici i quali costituiscono il piano detto del lavonchio sovrastante il sentiero Craveggia-Vasca e coperto da bosco di pini… il berillo è generalmente posto in concentrazioni speciali di quarzo o quarzo e mica…inoltre vi sono cristalli di granato che pel saggio a via secca appartiene alla varietà manganesifera, cioè spessartina, e pochi cristalli di tormalina, ambedue i minerali sono impastati nella roccia».

Tanta “ricchezza” mineralogica attira oggi appassionati a caccia di rarità come la vigezzite, minerale appartenente al gruppo dell’aeschynite, che ha “l’onore” di avere preso la sua denominazione dalla Valle Vigezzo.


Pietra Ollare

Laghetto del marmo in alta Val Loana

Laghetto del marmo in alta Val Loana

Una notazione significativa e tipicamente vigezzina va riservata alla pietra ollare, conosciuta anche come pietra saponaria, localmente laugera,  roccia metamorfica che può assumere colorazioni diverse, dal grigio, al verde, al nero. Si tratta di una pietra di facile lavorabilità utilizzata nel territorio ossolano, tra gli altri usi, per la costruzione di stufe e “fornetti” (un antico sistema di riscaldamento delle case che sfruttava il lento rilascio di calore tipico di questo minerale), la cottura di alimenti, ma anche per la realizzazione di motivi ornamentali e artistici.

La più conosciuta cava di pietra ollare della Val Vigezzo si trovava a Fondo li Gabbi, alla testata della Val Loana, laterale del solco vallivo principale dove sono ancora visibili alcuni massi con i segni dell’estrazione. Alla Pietra Ollare è anche dedicato un Museo archeologico a Malesco.

Un mestiere di una dura manualità, legato a questa attività, era quello degli scalpellini che in particolare venivano dai paesi di Buttogno,  Coimo e Malesco.

 

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