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Attività dell’alpe in Val Vigezzo (con contributi multimediali)

Cartolina di inizio novecento ritraente un casolare alla Colma di Craveggia in Val Vigezzo.

Cartolina di inizio novecento ritraente un casolare alla Colma di Craveggia in Val Vigezzo.

Carlo Cavalli nel libro“Cenni statistico-storici della Val Vigezzo” (1845) fornisce un sintetico quadro dell’attività zootecnica di valle a metà ottocento «Dalle bestie bovine si hanno annualmente circa mille vitelli da latte, seicento circa dei quali, e dei più grossi si vendono ai mercanti del Lago Maggiore, cento a quelli dell’Ossola, ed il rimanente serve ai bisogni dei terrazzani. L’esportazione di quei vitelli dà un annuo prodotto al Mandamento di lire cinque mila circa. In estate, e venduti i vitelli, si fanno formaggi, e butiro eccellenti; ma la loro esportazione è di pochissimo rilievo, perocchè si consumano per la massima parte dagli abitanti della Valle.

Dalle capre, oltre al latte, si hanno nella primavera gli allievi, le cui carni somministrano un ottimo cibo, e le pelli un articolo d’esportazione producente non meno di lire due mila all’anno: è questo senza dubbio l’animale il più utile per gli abitanti Vigezzini, inquantochè quasi tutto l’anno si procaccia da sè il pascolo nelle alpi, e nei monti inaccessibili alle bestie bovine, e non è per conseguenza di alcun aggravio, bensì d’una rendita certa, e vistosa in proporzione del tenue suo prezzo. Le pecore danno i montoni, e la lana; quelli ai macelli del Mandamento, e dell’Ossola; questa alla fabbricazione di stoffe molto grossolane, e destinate al vestimento della gente più povera».

Mucca al pascolo

Mucca al pascolo


Più che all’agricoltura la popolazione di valle si è dedicata alla pastorizia attività tuttora praticata. Tipico mestiere è quello dell’alpigiano che nella stagione estiva praticava l’inalpamento ovvero sia la transumanza dei capi di bestiame dal fondovalle verso gli alpeggi in quota. A fine settembre, con l’arrivo dei primi freddi, questo veniva riportato a fondovalle.

Un sistema particolare di conduzione del bestiame, tipico anche di altre zone alpine contigue, e di divisione dei prodotti ottenuti dalla lavorazione del latte era quello della “boggia”, così descritto nel volume ottocentesco “Dizionario Geografico, Storico, Statistico, Commerciale Degli Stati Sardi” «In molti comuni si usano ancora le boggie. Consistono queste nell’aver cura del bestiame sui monti, raccoglierne il latte, fare il cacio ed il burro tutto in comune: due volte per ogni stagione i pastori con l’intervento dei proprietari misurano il latte somministrato in quel dato giorno dalle bestie di ciascun particolare; fanno quindi il riparto del prodotto in proporzione del risultamento di tale misura».

Alla latteria turnaria di Coimo, altro esempio di gestione comune dei prodotti dell’alpeggio, è dedicato un approfondimento particolare.

Durante l’inalpamento estivo all’alpigiano e alla sua famiglia ovviamente spettavano non solo i compiti della conduzione del bestiame ma anche quelli relativi alla caseificazione, ossia la produzione di burro e formaggi, utilizzati per il consumo personale o venduti.

Contributo audio “Il richiamo delle capre”

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