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Emigrazione vigezzina

«In un paese così elevato e sabbioso non tardò il luogo a stancarsi e incapace ad alimentare una sempre crescente popolazione. Conveniva pertanto o abbandonare la terra nativa o procacciare di supplir coll’industria alla sterilità della stessa.  Laonde gli uomini di questa valle cominciarono a condursi fra le varie nazioni d’Europa per esercitarvi chi la mercatura ed il traffico, chi mestieri ed arti liberali. La fortuna fu propizia alla probità, all’ingegno, ai talenti e questi novelli viaggiatori ritornarono alla patria ricchi di cognizioni e di denaro. L’esempio e la prospera sorte dei primi incoraggiò i più timidi e non andò molto che la più parte della popolazione maschile di Vigezzo si diede al negozio ed alle arti, come vi si applica tuttora. L’oro intanto vi era portato in copia e presto le rozze capanne dei pastori vi si convertirono in eleganti case; presto si fabbricavano pittoreschi villaggi; presto, in una parola, la Valle di Vigezzo prendeva un aspetto di una onorata agiatezza».

Un'emigrato "eccellente": Giovanni Paolo Feminis, inventore dell'Acqua di Colonia

Un’emigrato “eccellente”: Giovanni Paolo Feminis, inventore dell’Acqua di Colonia

Questa descrizione tratta dal “Dizionario Geografico, Storico, Statistico, Commerciale Degli Stati Sardi” fotografa sinteticamente tanto le ragioni dell’emigrazione vigezzina, quanto l’affermazione dei valligiani all’estero. Se questa istantanea coglie il fenomeno a metà Ottocento, l’emigrazione in realtà è un fenomeno molto più antico.

Si narra addirittura di spostamenti di vigezzini nei diversi territori dell’impero romano, ma storicamente i primi esempi testati da documenti risalgono al XV secolo. Ovviamente l’emigrazione è stata un fenomeno ciclico influenzato da carestie, guerre, eventi climatici o altre contingenze.

Il “periodo d’oro” dell’emigrazione fu tra i XVII e il XVIII secolo con flussi importanti nei paesi europei. 

Carlo Cavalli, nei suoi “Cenni statistico-storici della Val Vigezzo” (1845) cita ben 964 emigrati su una popolazione di valle di circa cinquemila anime, rispettivamente nel regno Lombardo-Veneto, negli altri stati dell’Italia, a Parigi e in Francia, in Svizzera, Germania, Inghilterra, Baviera, Olanda, Spagna e oltre mare. Nella statistica si nota che oltre un terzo dei valligiani trovò lavoro in Francia. Per quanto riguarda le professioni si contano gioiellieri, orefici e chincaglieri, pittori e artisti, negozianti e merciai, artigiani, fumisti e spazzacamini, militari, scienziati e studenti.

Un’emigrazione “gloriosa”, in quanto alcuni vigezzini si illustrarono con invenzioni, quali l’Acqua di Colonia ad opera di Giovanni Paolo Feminis di Crana, eroismi come il piccolo spazzacamino di Villette che sventò una congiura ai danni di Luigi XIV, successi commerciali come quelli dei Mellerio di Craveggia, fondatori di una notissima casa di gioielleria a Parigi, senza contare l’enorme successo artistico dei pittori della valle.

La cifra dell’emigrazione valligiana è rappresentata tuttavia dalla figura dello spazzacamino, attestata in Francia e in altri paesi d’Europa fin dal ‘500 (vedi scheda) e assurta a emblema di lavoro duro, fatto di fatiche, miseria e sfruttamento minorile, grazie alle numerose testimonianze raccolte tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, successivamente trasfuse in una ricca bibliografia. Attualmente a Santa Maria Maggiore esiste un museo dedicato allo spazzacamino

 

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