«Se esiste uno spazio a servizio di un’ideologia è proprio quello pensato per educare, far passare del tempo all’aria aperta e distrarre i bambini senza dimenticare di sorvegliarli. Un edificio può certamente essere posto al servizio di un modello educativo, ma come si raggiunge questo scopo? Da cosa scaturisce? La volontà di Mussolini negli anni Trenta è quella di convertire il popolo ai suoi ideali. Come raggiungere meglio l’obiettivo se non iniziando dalla componente più plasmabile del paese, i bambini?». Così Elena Muccelli nel volume “Colonie di vacanza italiane degli anni ’30” (2009)
Il regime fascista, dunque, nell’ambito delle politiche di organizzazione di massa della gioventù ritenne dunque obiettivo strategico quello di sviluppare “insediamenti residenziali per la cura e la villeggiatura” ovvero le colonie estive, montane e marine, senza contare quelle elioterapiche. Questo obiettivo raggiunse il suo compimento verso la metà degli anni Trenta. Nel 1937 l’intera organizzazione delle colonie estive fu così affidata alla Gil (Gioventù Italiana del Littorio) e le colonie estive, atte a soggiorni mensili per fanciulli dai 6 ai 13 anni, passarono dal centinaio del 1926 a più di tremila (forti di un “esercito di oltre ottocentomila bambini”) a metà degli anni Trenta sparse su tutto il territorio italiano.
«Il fascismo Novarese – dice un giornale dell’epoca – ha messo immediatamente in esecuzione l’ordine del Duce di dare sempre nuovo potenziamento a questa utilissima e santa forma di assistenza attraverso la quale i piccini – fiori della stirpe – al monte, al mare e nelle colonie elioterapiche, ritemprano fisico e spirito, imparando a diventare forti e buoni cittadini e ottimi soldati di domani». Da notare che nel Novarese a metà degli anni trenta erano aperte ben quarantanove colonie con oltre novemila bambini raccolti.
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Tra queste, la struttura la più importante era quella di Druogno in Val Vigezzo, località eletta per ben precisi motivi: «la località prescelta è ottima sotto tutti gli aspetti per lo scopo a cui la nuova costruzione dev’essere destinata – racconta l’Italia Giovane dell’8 ottobre 1934 – L’aria è saluberrima, pregna di sapori resinosi, purificata dalle pinete che si stendono a perdita d’occhio sui pendii e nelle valli… Essa è situata ad altitudine di m.835 sul livello del mare, nei pressi dell’abitato di Druogno: è servita dalla ferrovia, ed anzi la sede della colonia si trova nelle immediate adiacenze della stazione ferroviaria; è attraversata dalla conduttura dell’acquedotto comunale di Druogno; è lontana dalle cause di inquinazione o di pericolo e confina a mezzodì con un’estesa pineta che riveste pendici montuose di facile accesso;la Colonia dovrà servire per 500 bambini divisi in due sezioni; Balilla e Piccole italiane, ciascuna di 250 unità: essa sorgerà su un terreno generosamente offerto dal Comune di Druogno, della superficie di 32.000 metri quadrati».
La struttura sarà inaugurata nell’agosto del 1935 ed intitolata al ministro dei lavori pubblici Luigi Razza (1892-1935), deceduto qualche giorno prima in un incidente aereo in Egitto, mentre si recava in Eritrea.
Nel Dopoguerra la struttura visse un particolare destino. Nel 1952 venne costituito il Consorzio dei Comuni Novaresi tra i 165 comuni dell’allora provincia di Novara, con lo scopo di gestire la Colonia Alpina di Druogno, di proprietà di tutti i comuni, e con l’intento di organizzare soggiorni per bambini. Frequentatissima sino alla fine degli anni ’60, si “riconvertì”, causa una progressiva “obsolescenza” della tipologia di soggiorno estivo, in una struttura per gruppi, anziani, disabili, gruppi organizzati nell’ala ovest.
L’ala est invece, non più in funzione, visse decenni di abbandono e degrado fino al suo attuale recupero, grazie al progetto Interreg Tra.Me.Vi.Ve. che nel rispetto dell’archittettura originaria della colonia ha destinato gli ampi spazi ad attività culturali, filantropiche, artistiche e artigianali.
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