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La ferrovia Vigezzina

Tra Domodossola (272 s.l.m.) e Locarno (195 s.l.m.) la ferrovia elettrica a scartamento ridotto “Vigezzina” percorre poco più di 52 km (precisamente 32,300 km nel tratto italiano e 19,833 km in quello svizzero) toccando 33 stazioni.

In una immagine d'epoca il ponte della ferrovia Vigezzina sul Rio Spoglio

In una immagine d’epoca il ponte della ferrovia Vigezzina sul Rio Spoglio

La via ferrata presenta un tracciato che supera notevoli dislivelli con alcuni tratti in pendenza del 60 per mille. Notevoli e ardite sono alcune opere ingegneristiche (tra cui 83 ponti e 31 gallerie) immerse e ben integrate nella natura circostante,  come  l’arroccamento tra la stazione di Masera e quella soprastante di Trontano e i viadotti di Intragna e Camedo, solo per citarne alcune: il punto più alto toccato si situa agli 816 metri di Santa Maria Maggiore. L’onomastica della tratta è duplice: “Vigezzina” in Italia e “Centovallina” in Svizzera. E due anche le società che gestiscono la linea ovvero la Ssif, Società subalpina di imprese ferroviarie con sede a Domodossola e la Fart, Ferrovie autolinee regionali ticinesi a Locarno.

La Vigezzina-Centovallina è entrata in servizio il 25 novembre del 1923.

Ripercorrendo la storia della sua costruzione, si capisce di quanto quell’opera fosse davvero attesa sia da parte italiana sia da parte svizzera, tanto che ebbe una ribalta di riguardo pochi mesi prima della sua inaugurazione, durante la quarta Fiera campionaria internazionale di Milano.

Ricorda a tal proposito la rivista del Touring Club Italiano del novembre del 1923: «L’attenzione dei visitatori era subito richiamata da una serie di carrozzoni ferroviari attaccati a una potente automotrice e posati sui binari come un treno pronto per la partenza. Vetture ampie, nuove, eleganti, dipinte in giallo chiaro: un termine di confronto a tutto danno del materiale rotabile in uso sulle ferrovie secondarie. A caratteri d’oro sulla parete esterna dei carrozzoni si leggeva una scritta: Domodossola-Locarno». 

E, in effetti,  di quei binari alpini  che avrebbero chiuso di fatto un circuito di grandi ferrovie internazionali, congiungendo la linea del Gottardo con quella del Sempione (grandi direttrici verso  il nord Europa), se ne parlava fin dalla metà dell’Ottocento: «L’idea di una ferrovia attraverso la Valle Vigezzo e le Centovalli nacque subito dopo la costruzione della grande linea del Gottardo collo scopo precipuo di unire il Gottardo col Sempione.  Già nel 1851 si era costituita una commissione internazionale per uno studio di traforo del Sempione.  A questo fecero seguito altre commissioni internazionali e private, ma senza risultato», racconta uno dei maggiori storici ossolani dell’epoca, Giovanni De Maurizi nel 1925.

Un convoglio della ferrovia internazionale Domodossola-Locarno sul ponte nei pressi di Camedo, in Svizzera

Un convoglio della ferrovia internazionale Domodossola-Locarno sul ponte nei pressi di Camedo, in Svizzera

Ci vollero infatti ancora alcuni decenni prima di realizzare il sogno della fine dell’isolamento della Val Vigezzo. Nel 1898  si costituì un Comitato Generale per la costruzione della Ferrovia Locarno-Domodossola per le Centovalli e Valle Vigezzo,  ma ci si scontrò con le prevedibili difficoltà finanziarie tanto da parte italiana quanto elvetica. Alla fine (ed è la riprova di quanto le comunità locali credessero nel potenziale della ferrovia) tra i più importanti contributori si contarono la Provincia di Novara con 150.000 lire e tutti i comuni interessati con 120.000 lire.

Finalmente il 12 novembre 1919  la Convenzione italo-svizzera per la costruzione della linea fu convertita in legge  e come detto il 25 novembre del 1923 si tenne l’inaugurazione.

I lavori terminarono addirittura sei mesi prima, ma si vollero ricontrollare centimetro per centimetro tutti i manufatti della linea:« La direzione – racconta ancora la rivista del Tci – preferì attendere che i manufatti comprese le graziose, linde stazioni, fossero terminati in ogni particolare e il personale fosse bene addestrato».

Ed ecco il perché di quella “strana” inaugurazione effettuata quasi all’inizio dell’inverno. La “Vigezzina-Centovallina, ha vissuto diverse fasi drammatiche durante il “secolo breve” ma mai si è  interrotto il fischio dei capistazione.

Non nei duri anni della seconda guerra mondiale  e della Repubblica partigiana dell’ Ossola, non nel  periodo della motorizzazione di massa, non nel 1978 quando la val Vigezzo fu interessata da una disastrosa alluvione (vedi scheda).

Il percorso era stato devastato nelle infrastrutture, ma ciò, anziché essere l’inizio della fine, pose invece le premesse per migliorare ulteriormente il servizio offerto.

Oggi la ferrovia alpina, mantenendo in essere i servizi di trasporto pubblico per la comunità locale e quelli di trasporto internazionale, assume sempre più una vocazione di ferrovia turistica, importante protagonista dell’industria del turismo dell’Ossola, del Verbano e del Canton Ticino.

 

 

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